Transvisionismo

Nel 1995 usciva in provincia di Piacenza il manifesto del Transvisionismo, esito dell’incontro di ventuno artisti e dell’elaborazione teorica di Luigi Galli, Romano Costa e Luciano Carini: un’elaborazione sofferta, di difficile traduzione, sia perché la storia dell’arte del secolo scorso ha avuto una quantità davvero rilevante di manifesti (come forma di più diretta comunicazione tra arte, artisti e pubblico, in quanto serviva a rendere evidente le ragioni costitutive di un movimento, i suoi obiettivi e i mezzi che intendeva mettere in opera), sia per una certa ricercatezza linguistica e concettuale che doveva dare credibilità all’evento.

Gli artisti del Transvisionismo ospiti di Arte Padova 2001: Stefano Sichel, Erminio Tansini, Viviana Faiola, Mario Bernardinello, il critico d'arte Giorgio Segato, Ugo Borlenghi e Massino Meucci.

 


Ugo Borlenghi
forma silente (1994)
fusione in bronzo - cm 39x25x9

Nella sua sostanza il manifesto auspicava ed auspica l’affermarsi di un’arte astratta capace di ribadire la qualità energetica e la potenza espressiva della materia – materia cromatica, plastica -liberata in uno spazio aperto, pulsante, vivo, profondo, determinato dal gesto che lo segna, lo plasma, un’arte senza più riferimenti descrittivi, rivolta all’essenza, a modulazioni, a ritmi che traducono direttamente l’emozione, la sensazione e il sentimento, provocando una progressiva materializzazione del sentire, un attraversamento della materia sensibile e del corpo attraverso la materia - attraverso, ‘trans’, un ‘trans-portare’ oltre la propria sensibilità, un ‘trans’, un ‘trans-vedere’ al di là della materia – provocando una continuità senza soluzioni, senza diaframmi e senza nodi o grumi, tra psichico e fisico, tra spazio intimo e spazio esterno di accadimento, in cui il gesto e lo sguardo fanno precipitare il segno e le sue evoluzioni, i suoi percorsi e riferimenti in un ‘campo’ di pulsione e fermentazione. Così, quanti di volta in volta hanno aderito al Transvisionismo – sono molti e, com’è naturale nella dinamica dei gruppi, cambiano spesso l’aggregazione, la quale d’altronde ha solo lo scopo di acquisire maggior peso culturale virtuale del nostro tempo, caratterizzata da una sempre più consistente perdita culturale e maggiore visibilità e distinzione sul mercato - esprimono soprattutto una forte tensione e quella materializzazione che già – a ben guardare – implicata nella cultura virtuale del tempo, caratterizzata da una sempre più consistente perdita di cultura materiale e diretta, a vantaggio di una cultura omologata, omogeneizzata, confezionata, introspettiva.


Questa provoca un sostanzioso smarrimento di esperienza e di conoscenza, un progressivo indebolirsi dei riferimenti esterni e comporta, evidentemente, come sforzo reattivo e come proposta di uscita, un’ulteriore sollecitazione dello sguardo prensile, non più solo a guardare e vedere la realtà ma a ‘ trans-vedere’ a ‘ stravedere’, cercando di cogliere tutte le risonanze interne ed esterne, i riferimenti temporali e spaziali, di contesto ambientale e culturale. In questa direzione il Transvisionismo mira a distinguersi dall’Informale, attitudine, più vasta e più generica insieme, a restituire alla materia tutta la sua carica espressiva e comunicativa. Il Transvisionismo si propone di andare oltre, di guardare oltre, di vedere che cosa ci sia al di là della materia e che la materia stessa e il gesto con cui viene trattata guidano a vedere, a percepire, a partecipare.


Marco Bellagamba
La corrida
tecnica mista - cm 40x60


Mario Bernardinello (M. Bernard)
Io sono (Ego sount) (2001)
tecnica mista gesso, cemento, acrilico su tela
cm 150x100

Se anche resta evidente la somiglianza, la contiguità, anzi tra informale e transvisionista i contenuti sono differenti: la matrice del primo è legata all’impossibilità, culturale, filosofica e anche certo senso tecnica, di tornare a rappresentare l’uomo come essere compiuto, come figura, come presenza attiva, a causa delle esperienze drammatiche della guerra, della Shoah, dei campi di concentramento, delle bombe atomiche, della guerra fredda, per cui si sentiva la necessità di riaffilare al magma della materia indeterminata la possibilità di tornare a svelare la propria ricchezza e, forse, una possibilità di una germinazione, di nuova vita, di nuova umanità; il transvisionismo, invece, intende collegarsi alla cultura virtuale e immateriale del nostro tempo, accettando già come fatto positivo il superamento della figura in quanto espressione di individualità, di singolarità, per raggiungere il grande luogo comune dell’anima collettiva che è al fondo dell’anima individuale, al fondo di ogni psiche. E lo propone in virtù di attraversamento sensoriale, ritrovando l’anima dopo aver compiutamente liberato i sensi, nel gesto, nella materia fatta risuonare dentro, ascoltata come spazio in trasformazione, in costante metamorfosi, spazio intimo e spazio cosmico coincidenti, materia psichica e materia fisica compenetrate.

La proposta non è nuova, naturalmente, specie se si pon mente al fatto che si è detto che tutta l’arte è e deve essere uno stravedere, che l’arte non è rappresentazione e vedere ciò che c’è ma un cogliere quel che non c’è, che non si vede, o che non si vede ancora. E’ proprio della più autentica e sostanziale risoluzione artistica del XX secolo l’aver introdotto nell’opera d’arte stessa la soggettività dell’osservante con pari dignità di quella dell’autore, dell’artista. Questo ha portato inevitabilmente alla dichiarazione che è arte tutto ciò che corrisponde alle sue misure, ai suoi bisogni ‘estetici’, modificandosi e abbassandosi o alzandosi mano a mano che questi si raffinano, si modificano, si alzano o si abbassano.


Massimo Meucci
Cosmocuore (1998)
olio acrilico su tela - cm 100x100


Stefano Sichel
Albatros (1999)
tecnica mista su tavola - diam. cm 49

I Transvisionisti propongono quindi un diverso modo di guardare, di percepire la materia e di dialogare con essa, liberando l’istinto, focalizzando lo sguardo non più sulla apparenza figurale ma sui ritmi (gli andamenti, le scivolate, l’arricciarsi, il contaminarsi in tessiture semplici o complesse, a volte ardite per ricchezza di elementi interattivi) e sui ‘campi’ matrici (sugli sviluppi volumetrici per le sculture) come sollecitazioni a un sempre più attento ascolto delle risonanze e delle modificazioni che colore, movimento, forma, materia, luce producano in noi. Diventa importante il gesto, come ricerca di adeguamento del ritmo pittorico al respiro, all’andamento del corpo, al passo, all’ampiezza del braccio, ora più espansivo ora più reticente.

Ricordo come e con quanta passione Lucio Fontana raccomandasse di non guardare i suoi ‘tagli’, le sue cesure, come eventi terminali, come risultati, ma come azioni, come se ciascuno di noi partecipasse con lui alla realizzazione del taglio, al gesto: nella ripetizione fisica o mentale del gesto c’era la possibilità di vera scoperta, col corpo, del significato del taglio in quanto esso consentiva la percezione del tempo (taglio), la percezione del presente, cioè della lacerazione del diaframma temporale tra passato e futuro, del momento brevissimo, anzi senza durata, inesistente, tra prima e dopo, tra qui e oltre, tra il davanti e il dietro la tela messi in comunicazione diretta. Il Transvisionismo sollecita a vedere oltre la realtà delle cose così come sono, come sembrano essere, al di là della materia /colore, collocandosi in uno spazio illimitato, di continuità emotiva, di tempo dilatato, in percorsi che diventano metafore di movimenti e mutamenti psichici, di sentimento attivo e germinale, non retrovisivo e nostalgico di una centralità perduta, di un’unicità insostenibile.


Erminio Tansini
senza titolo (1999)
olio su tavola - cm 70x60

   


Viviana Faiola
Salto nel vuoto (2001)
olio su tela - cm 150x100

La sua proposta concreta non è una corrente o l’instaurarsi di uno spirito gregario in un gruppo pedissequamente obbediente a un manifesto teorico, a un programma, ma piuttosto, vuole introdurre una sorta di laboratorio interculturale aperto, libero, abbattendo in modi diversi il confine tra spazio e materia, tra silenzio e parola, attivando uno spazio di libera sensitività, fluido ed elastico, ricco di energia, attraversato dall’aria e dalla luce/colore che si fa segno dell’emozione e dell’empatia. Come nel migliore astrattismo lirico, il colore e le materie giocano un ruolo da protagonisti assoluti ribadendo l’importanza di una matrice che indubbiamente ha le sue radici nel futurismo e nella grande trasformazione del concetto di opera d’arte in rapporto dialettico con lo spazio interno/esterno e con il tempo (velocità, simultaneità) che esso ha introdotto. Mi pare che in quello spirito di universalità e di sommovimento fisico e psichico, etico e spirituale ciascuno artista qui si possa e si voglia riconoscere. Essi, evidentemente, rappresentano uno dei momenti di possibile aggregazione di un gruppo/movimento, che a volte si presenta molto più numeroso, altre volte più sparuto, a seconda delle occasioni espositive, ma che certo risulta convincente ed efficace per ampiezza della gamma di proposte nell’elaborazione della materia, nella liberazione della sensitività verso nuovi spazi, nuovi ritmi, verso la valorizzazione della straordinaria ricchezza delle modulazioni cromatiche in relazione alle variazioni emotive, alle pieghe – anche profonde – del sentimento esistenziale, al vibrare degli impulsi più intimi in accensioni, profondità, tessiture come luoghi di attraversamento percettivo e conoscitivo piuttosto che come dati costruttivi di forme-figure di consolatoria riconoscibilità.

 

Giorgio Segato



Componenti del Transvisionismo:

Ugo Borlenghi – scultore
Marco Bellagamba - pittore
Mario Bernardinello – pittore
Viviana Faiola – pittrice
Massimo Meucci – pittore
Stefano Sichel – pittore
Erminio Tansini - pittore


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